Pur non essendoci ancora una vera e propria classificazione retta da alcun disciplinare o decreto ministeriale, il vino naturale si distingue da quello “industriale” per il minor numero di additivi e manipolazioni possibili dei produttori sia in vigna che in cantina.

Nello specifico, le pratiche agricole sono quelle previste dall’agricoltura biologica, che escludono l’uso dei pesticidi ed erbicidi chimici; anche l’impiego di rame è limitato. In cantina, la vinificazione viene effettuata con i lieviti indigeni (propri dell’uva), ovvero con fermentazioni spontanee che non ammetterebbero l’aggiunta di lieviti coltivati o altri enzimi; non sono ammessi zuccheri o mosti aggiunti; non sono previste microfiltrazioni e chiarificazioni con prodotti di sintesi; l’aggiunta di solfiti è assente o comunque minima, al di sotto dei 30 mg. per litro.

Il vino naturale ha sempre fatto storcere il naso a molti esperti e appassionati di vino, in quanto in questi prodotti rimarrebbero tutti i difetti che un produttore di vino cosiddetto convenzionale riesce invece a cancellare: torbidità e, soprattutto, puzzette dovute al residuo di lieviti, in particolare di Brett (brettanomyces, lievito naturale presente nell’uva); ossidazione precoce; alto rischio di acetificazione. Spesso, il bretty (l’odore sgradevole) viene associato alla poca pulizia in cantina.

Molti produttori di vino naturale, ma anche alcuni dei loro sostenitori, nel recente passato definivano questi difetti come sintomo di naturalezza, quindi addirittura da sbandierare come pregio. Ciò ha fatto sì che anche all’interno di questa filosofia vi siano state varie correnti di pensiero e troppe associazioni di settore in conflitto tra loro, favorendo le opinioni dei detrattori e il ripensamento di molti produttori a perseguire tali pratiche non convenzionali.

Al mio modo di vedere, un vino difettoso rimane tale, poco importa se sia sostenibile, e proprio questa maniera di pubblicizzare il vino naturale attraverso i suoi difetti fa alimentare lo scetticismo di chi si avvicina a questo mondo.

Scetticismo che mi ha accompagnato nel partecipare alla seconda serata di degustazione di vini naturali dell’evento denominato appunto “Evoluzione Naturale”, tenutosi a Grottaglie presso Masseria Lella il 22 e il 23 gennaio 2023 ed organizzato dall’associazione “Intersezioni”, da “Qibli eventi” e da “Fatìa”. Avevo già partecipato in passato ad altre manifestazioni del settore, come “VinNatur” a Mottola nel 2010 e, francamente, nonostante i buoni propositi dei produttori, non ne ero uscito convinto. Per fortuna, fin da subito qui a Grottaglie ho dovuto ricredermi: non solo vini ben fatti, spesso privi di quei difetti riscontrati in passato, ma soprattutto vini davvero godibili, a volte un po’ fuori dagli schemi, ma schietti, diretti, ognuno con personalità ben definite. Gli intenditori direbbero “vini di territorio”, ovvero quei prodotti che richiamano davvero il territorio di provenienza, delineandone le peculiarità. La distinzione dai vini industriali sta proprio nella loro non omologazione: gli aromi primari tornano riconoscibili, le sensazioni di mineralità, di freschezza o di tannicità diventano distinguibili, così la loro collocazione trova a tavola il giusto abbinamento con il cibo. Se poi pensiamo alla sostenibilità ambientale, al rispetto della storia vitivinicola, al sacrificio dei viticoltori, la consapevolezza del “buono, pulito e giusto” completa il quadro di percezione sensoriale.

Di seguito, le mie personali sensazioni di alcuni prodotti degustati.

Tantaroba 2019 Colli Tortonesi DOC – Tenuta Fornace – Rovescala (PV)

Prodotto da uve Timorasso e Cortese, Tantaroba è un vino dall’aspetto leggermente torbido, giallo carico con tonalità che vertono all’arancio, non lasciando dubbi all’interpretazione: è un “orange wine”, ovvero un bianco macerato sulle bucce. Vanta una materia ricca, che dona un aroma decisamente fruttato, una freschezza vibrante e una pienezza gustativa abbastanza persistente. Si abbina perfettamente con formaggi di media stagionatura, ma regge bene anche agli affettati, alle carni bianche e ai piatti di mare importanti. Timorasso e Cortese sono vitigni tipici del Piemonte, in particolare dei Colli Tortonesi, dove l’azienda lombarda possiede degli appezzamenti. Il terreno è misto marneo-calcarico, la vite è allevata a Guyot con metodo biologico, il vino è prodotto da fermentazione spontanea e macerazione sulle bucce in contenitori di acciaio inox dove permane alcuni mesi per l’affinamento. Il contenuto di solfiti è di circa 12 mg. per litro. Che dire, nomen omen: tanta roba!

Il proprietario dell’azienda è Andrea, che sposa appieno la filosofia del biologico, del biodinamico e del naturale, seguendo il motto dell’azienda familiare che fa vino da 6 generazioni: "Bere bene da chi produce bene per scelta". L’azienda opera soprattutto nell’Oltrepo Pavese: qui nasce "Oltrepo Biodiverso", il primo progetto italiano di ripopolazione di farfalle e uccelli, dove nei vigneti si possono ammirare centinaia di esemplari ormai scomparsi da anni, rendendo gli stessi vigneti vere e proprie oasi di biodiversità. Tra gli altri prodotti dell’azienda, molto particolare ho trovato “Zolferino”, un vino volutamente lasciato ossidare durante la fermentazione per donare profumi “vulcanici”.

Foglia Tonda 2018 Toscana IGT – Podere Casaccia – Scandicci (FI)

Grande curiosità mi ha suscitato questa azienda biodinamica Toscana, in particolare per la presenza di bottiglie che riportavano il nome di vitigni “dimenticati”, o meglio, che non avevo mai sentito. In effetti, il Foglia Tonda è un vitigno che è stato riscoperto di recente nella zona del Chianti, anche se era presente fin dall’antichità. Ad oggi, degli unici 20 ettari o poco più dove viene coltivato questo vitigno, parecchi sono presenti all’interno di questo podere che sta cercando di rilanciarlo.

Il nome del vitigno richiama la forma delle foglie; gli acini sono di colore viola intenso con nuance bluastre. Macerazione sulle bucce per 2 giorni, batonnage e rimontaggi per 20 giorni fino alla fermentazione totale e ulteriori batonnage sur lies per 6 mesi, infine lungo affinamento in barrique di rovere seguito da un passaggio in acciaio. Ne deriva un vino dal colore rosso rubino intenso e profondo con particolari riflessi bluastri; profumi di frutti rossi e di speziatura particolare che si ritrovano anche al palato; ottima struttura, con una evidente tannicità e ritorni di note tostate di caffè e cacao amaro. Un vino che per contrasto accompagna benissimo un succulento arrosto con patate.

Altro vitigno che l’azienda sta rilanciando è il Pugnitello, chiamato così per la particolare forma del grappolo che ricorda un piccolo pugno. Viene vinificato similarmente al Foglia Tonda. Anch’esso vanta un vasto corredo aromatico, giocato su note di frutta a bacca scura molto matura e di speziatura, e una grande struttura.

La azienda agricola Podere Casaccia, si trova sulle colline di Scandicci, alle porte di Firenze, detiene circa 12 ettari tra bosco, olivi e vigne. La policy dell’azienda, capitanata da Roberto Moretti e dalla sua compagna Lucia Mori, è di salvaguardare le antiche varietà autoctone, come la malvasia nera, oltre a quelle sopra descritte, evitando contaminazioni internazionali per mantenere viva la tradizione e l’essenza di questi luoghi. Fatta non solo di sangiovese.

Brut natur – Emeran Reya – Kozana, Brda (Slovenia)

Kozana è un villaggio del comune di Brda, in Slovenia, posto al di sopra della pianura friulana dove sorge un paesaggio collinare paradisiaco. L’apertura verso il mare, la buona esposizione solare e il terreno fertile di marna sono gli elementi che danno a questa terra la vocazione per una viticoltura di qualità. Ed è qui che si trova la fattoria di Reya, dove si produce vino sin dal 1930, ad opera di Edvard Reya. Oggi il timone dell’azienda vitivinicola è affidata al figlio Emeran che, con la moglie Božo, ha dato un impulso moderno ma nel rispetto della tradizione. I vini sono prodotti dai vitigni tipici del vicino Friuli, in particolare dei Colli Orientali, tra i quali spicca la ribolla gialla (rebula).

Tra gli altri meravigliosi bianchi, ho avuto modo di assaggiare il Brut natur, un elegante spumante dal colore giallo luminoso, con bollicine fini e persistenti e dai profumi sofisticati, che ricordano la mela gialla, l'ananas, la scorza di limone, i fiori bianchi secchi, la crosta di pane; al palato esprime una spiccata mineralità e una fragrante freschezza che lasciano un lungo e piacevole retrogusto finale. Il Brut natur è composto da chardonnay (60%) e rebula (40%), vinificato in acciaio e rifermentato in bottiglia. Io lo vedo bene in abbinamento ai risotti cremosi.

Naturalmente, ho degustato tanti altri interessanti prodotti (erano presenti più di 70 aziende) di cui scriverò più avanti, nei prossimi giorni. Ma prima di chiudere vorrei citare un’azienda abruzzese che non ha a che fare con il vino ma che era presente con i suoi prodotti caseari, di pasticceria e di norcineria: Le Direzioni del Gusto. In realtà si tratta di un progetto dove i formaggi e i salumi selezionati interagiscono con altri prodotti, unendo le tecniche casearie e norcine con quelle pasticcere. Tutti i prodotti vengono lavorati a mano, modernizzati, destrutturati, ricostruiti, farciti con svariati ingredienti per conferire al prodotto finale un gusto ed una presentazione al di fuori degli schemi, unici al mondo, mai uguali. Ad esempio, ottimo il pecorino sardo rammollato e rimpastato con miele e noci.

Paolo Bargelloni.